Poco distante dalla Capitale Phyrexia un tempo vi era un lago di pura acqua cristallina, molti gruppi nomadi,  prima di essere inglobati nella vita cittadina, stabilirono in quel luogo ameno le proprie tende. Quando fu abbandonato da questi ultimi, divenne un posto in cui gli umani trovavano ristoro nelle calde giornate estive tra bagni riposanti ed escursioni in barca. Tuttavia nell’anno 390 una serie di avvenimenti  sconvolse quel luogo di estrema pace. La prima tragedia si verificò il 16 Agysto, quando una giovane e triste donna remò con una barchetta al centro del lago ed ancora con le sue vesti addosso si immerse nelle acque trasparenti. Le genti che erano li per ristorarsi cominciarono a preoccuparsi non vedendola riemergere ed alcuni tentarono di riportarla a galla, ma raccontavano come di una forza misteriosa che trascinava la donna sul fondale ed ella sembrava quasi sorridente nei suoi ultimi attimi di vita. Quel gesto poteva sembrare un banale suicidio, ma fu solo il primo di una triste catena. Furono in tutto 17 le donne che nell’arco di otto anni morirono nelle stesse circostanze. Quella scia di morte si interruppe dal giorno in cui Arkas Bulwer, il Re Pazzo, venne giustiziato.  Ciò che più turbò gli animi di Phyrexia in quel periodo fu la storia di Geneviel, una donna che era sul punto di emulare quel macabro rito ma fu fermata dal suo amante prima che si gettasse nel lago. Raccontò che era come in trance e che la voce di una donna la guidava a compiere quel gesto, una voce materna e rassicurante. Disse che l’aveva veduta in sogno nelle fattezze della seconda moglie del Re Pazzo, da lui giustiziata, la defunta Regina Aramael. Era da tutti risaputo che fu giustiziata per adulterio; Aramael stanca dei soprusi di Arkas aveva trovato rifugio amoroso in un giovane cavaliere del Regno, e nelle notti che celano il segreto del buio, si incontravano camuffati presso il lago. Quando il Re venne a conoscenza di quella vergognosa tresca, fece amputare mani e piedi al cavaliere. Una volta che le ferite si rimarginarono, gettò lo storpio nelle acque vedendolo irrimediabilmente annegare. Aramael fu distrutta da quel gesto di pura vendetta, aveva perso l’amore della sua vita e cadde in una profonda depressione fino a quando il Re non si liberò di lei nel 390, anno in cui iniziarono i drammatici suicidi.

I bardi di ogni bettola cominciarono a tessere su quella storia, raccontando che l’anima irrequieta della vecchia Regina si era rifugiata in quel lago cercando di ricongiungersi al suo amore nella morte e che insieme, nutrendo odio per il regno di Phyrexia, ammaliassero le giovani e fragili donne innamorate spingendole a quel tragico gesto di morte. Con il tempo la storiella dei bardi cominciò a radicarsi nel folklore cittadino e le genti presero le distanze da quel posto maledetto, il Lago dell’Amor perduto.

Negli anni successivi il lago ha iniziato ad intorbidirsi e l’acqua, una volta cristallina, cominciò a diventare nera. Il marciume cominciò ad estendersi lungo la riva nutrendo la vita di strane ed innocue creature, funghi giganti e piante che camminano. Ma è nella notte che anime tristi di donne urlanti ritornano alla vita piene d’odio pronte a trascinare a sé chiunque al lago si avventuri, annegandolo in una morsa di odio ed amore.