Era l’ora in cui il sole iniziava a sorgere dietro le dense nubi grigie quando i battenti di Phyrexia si aprirono a quella strana processione. Io c’ero e l’ho visto: in testa c’era il comandante degli eserciti in sella a uno splendido cavallo, seguito da due buoi che trasportavano il prigioniero. Dietro il carretto tre uomini: sebbene da quella distanza fosse impossibile scorgerne i volti, gli abiti indicavano che si trattava di un cavaliere, un risoluto e dell’Abate in persona. Alcuni soldati chiudevano il corteo, tenendo lontano dal carro popolo e curiosi. Di fronte a quegli uomini così importanti la piazza era nel silenzio più cupo.

Seppi poi che nessuno dei presenti aveva partecipato al giudizio, che si era tenuto nel portico della cattedrale pochi giorni prima, perché tutti dovevano guadagnarsi da vivere: quella era la prima volta che vedevano il condannato, e tutti ne immaginavano l’aspetto come nero e spaventoso. Era, invece, un giovane ragazzo come me e voi, tra i venti e i trenta anni, di statura normale e aveva un aspetto strano e malato. La pelle era bianca come la neve sui tetti e gli occhi sporgenti erano bordati del colore di una carota pelata, così i capelli.

Qualcuno disse che veniva dalle mura, nella zona dei bassifondi. Sapete com’è fatta quella zona; un po’ più bassa rispetto il centro, con i rifiuti della parte più ricca ammassati lì dal vento e dalla pioggia. Chissà come, funziona così anche per gli uomini: i peggiori si ammassano lì, con i gatti randagi, menticanti, puttane e rifiuti. Mentre pensavo a questo, sentii i fischi della folla; qualcuno aveva sputato sul volto del giovane mentre questo scendeva dal carretto. L’uomo imprecò cercando di scagliarsi contro il contadino, ma la sua corsa si arrestò per le catene che gli stringevano il petto e le braccia. Parlò, ma disse qualcosa di incomprensibile, quasi in un’altra lingua. Era di origini aristocratiche, o forse conosceva qualcosa che in molti non sanno.
Quelli intorno a me scrollarono le spalle: “è straniero, e allora?”. A nessuno importava.

Quello era un Cultista, un criminale. Uno di quelli che uccidono e pisciano sul Carmina per il puro sfizio di farlo. Le donne tiravano via i bambini e gli uomini gli auguravano la morte, man mano che passava e nessuno sapeva o si preoccupava di sapere per cosa era stato condannato all’Espiazione. Non mi fu possibile di saperlo in tutto quel trambusto. L’uomo da lì a pochi istanti fu portato sfilando in mezzo alle case e alle botteghe fino a raggiungere il retro della cattedrale, in quello che pareva un cantiere. Ai suoi piedi centinaia di pietre bianche avevano già macchiato gli stivali neri gonfi di lacci. L’Abate restò fuori, in groppa ad uno splendido cavallo bianco ed il comandante slegò le braccia al ragazzo e gli posò un grosso martello in mano.

Incredibile… il cultista era stato condannato a lavorare giorno e notte per ricostruire proprio l’ala est della Chiesa. L’uomo, com’era comprensibile che fosse, sputò sul martello e lo lasciò cadere a terra, rivolgendo qualche maledizione nella sua lingua incomprensibile ai preti. L’Abate restò immobile, con il volto celato alla pioggia che iniziava a calare dal cielo, mentre il risoluto fece un gesto irritato verso il comandate. A quel segnale l’uomo colpì il fianco del prigioniero con l’elsa della sua spada. Il ragazzo si accasciò. Quando si rialzò rifiutò ancora il lavoro, ancora ed ancora, e ricevette tanti colpi quanti furono i suoi rifiuti.

Alla fine si decise a collaborare. La folla si diradò e tornai verso la locanda. Pensai per molti giorni all’uomo dal pel di carota, alla fatica e alle rinunce di sonno e riposo che l’Espiazione comporta, fin quando, pochi gironi dopo, seppi che si era ucciso fracassandosi la testa contro una pietra. Forse, poco prima che lo facesse la fatica e l’inedia.
E questo è tutto ciò che so dei culti neri.

Lo so, Signori, è poco. Ma quello che dico l’ho visto con i miei occhi. Qualcuno dice che la capitale gli ha dichiarato guerra. Per ognuno di loro che ammazza o stupra una donna o un bambino, quattro ne vengono catturati. E’ sistematico: non so se siano tutti cultisti per davvero, ma è quello che sta avvenendo. In fondo non posso biasimarli: questi uomini vogliono distruggere la Chiesa, calpestarci e farci schiavi.
Che Vorannon ci protegga da gente come questa. Santo cielo, abbiamo già gli Airysin.

La folla rise e Siege, il Bardo orchestrante della compagnia di Vorannon, sorrise appena compiaciuto per la sua abilità di dominarne le emozioni.

A proposito di Airysin, sembra che le cose non vadano bene neanche per loro. Da quando i cultisti hanno ricominciato a farsi sentire, parecchi di loro sono diventati intrattabili. In molti asseriscono che è la mancanza del gelo a compromettere la loro salute fisica e mentale. Alcuni, per la prima volta nella storia, hanno deciso di ribellarsi alla loro Fyrred, causando enormi perdite di componenti delle famiglie. Quella che sta subendo i danni peggiori pare che sia la Shayreen, i cui maggiori esponenti hanno preso le loro cose e sono partiti per stabilirsi al Ben Morgh e vivere lì accampati in segno di protesta.

Gli Immortali rivogliono la loro patria indietro, e le alleanze che hanno stretto le casate sono così labili che non riuscirebbero a riprendersela neanche tra cent’anni. Due delle quattro famiglie chiedono addirittura un processo a Taras. Si dice che stiano approfittando del trambusto tentando di togliergli il Fyrake, e il concilio si è spaccato in due. Da una parte ci sono Nekto e Taras, che non si scusa e non si giustifica, dall’altra Naik e Nuvyn, che inveiscono contro la scelta di distruggere la città senza interpellare loro altri.

Se volete sapere la mia, amici, non c’era null’altro da fare. Camaguey era caduta, ed è facile parlare quando si è al sicuro ed in vita. Ma non sono dello stesso avviso gli Immortali, che nella disperazione pare vogliano appellarsi addirittura agli eserciti Juggern”

Un mormorio concitato si alzò dal lato ovest del largo nel quale era stipata la folla dei curiosi che ascoltava il racconto che Siege, seduto poco distante da un albero di ciliegie, stava improvvisando.

Il bardo osservò la folla come studiandone i comportamenti, prima di cercare, come al suo solito, di mitigare il dissenso che si stava creando tra il pubblico.

Non dovete essere troppo bruschi con i Juggern, anche se sono i soli che sembrano passarsela bene. Hanno solo un tempismo spaventoso e non risulteranno mai simpatici a nessuno.”

La gente sorrise, e il silenzio iniziò a dominare di nuovo la folla incuriosita. Siege si chinò verso di loro con fare teatralmente cospiratore e continuò.

Inoltre, se è il pettegolezzo che andate cercando, sappiate che il mistero che riguarda i senz’anima si infittisce. Pare che sia stato trovato un secondo anello, detto Distruttore.

Che effetti abbia non lo possiamo sapere, ma si dice che il popolo fosse stato così felice di riceverlo, da concedersi persino di procreare, se capite quello che intendo. Una botta di vita non indifferente per un jugger!”

La folla scoppiò a ridere di nuovo, e Siege dovette muovere più volte le mani nel tentativo di calmarli, per poter continuare.

Non ci credete? Hanno un permesso per ogni cosa: uno per viaggiare, uno per mangiare, uno per… *heh*
Loro sono fatti così. Se non hanno un’autorizzazione scritta proprio non ci riescono.

Ma mettendo da parte i folleggi, comprendete cosa significa il ritrovamento di un nuovo anello? E’ la potenza del passato che ritorna a reclamare la verità! E’ la prova che tutto quello che sappiamo di loro, Airysin compresi, è sbagliato! Pensate se questi anelli restituiscano per davvero a chi li porta ciò che sarebbe dovuto essere e non è. E pensate a cosa potrebbe un uomo, un Airys, qualcuno che già è, con un anello simile.

E vedendo che il suo pubblico, per la maggior parte composto da gente umile, non sembrava seguirlo, invitò un uomo dalla folla ad avvicinarsi al muretto sul quale era seduto.

Tu, amico, vieni qui. Si, proprio tu. Cosa fai nella vita?

Sono un cacciatore

Ci pensi a cosa potresti diventare, se oltre alla tua bravura avessi l’abilità di dieci juggern? Magari un grande avventuriero, faresti la fortuna al di là del mare e non dovresti lavorare mai più nella tua vita.
E tu, amico, cosa sei?

Io sono un muratore

Pensa come sarebbe se avessi la forza di alzare un intero sacco di selci da solo. I capi cantiere ti chiamerebbero per velocizzare il loro lavoro, diverresti capomastro e saresti ricchissimo in poco tempo.
E tu, tu potresti diventare un uomo temuto e potente, il governatore di una grande città.
E anche tu, gentile signora, potresti essere alla corte del re, circondata da servitori.

Tra i presenti si elevò un fitto vociare, uomini e donne che iniziavano ad vedere come sarebbe potuta essere la propria vita, solo trovando un piccolo, minuscolo anello.

Mentre ciò che aveva previsto si era realizzato, Siege richiuse il suo liuto nel drappo di pelle, pronto a spostarsi nel quartiere nord.
Qui era inutile restare: nel giro di un’ora o due, sarebbero stati i presenti ad informare il resto della cittadinanza, ed in pochi giorni, da sud e da nord, le sue storie si sarebbero propagate in tutta Llanowor.

Un bambino dagli occhi chiari seguiva attentamente la scena, studiando ogni movimento del giovane bardo.
Stranamente sembrava il meno meravigliato: forse era l’unico che non aveva ancora dimenticato com’era il sognare.
Quando vide che Siege si allontanava gli corse incontro, scalzo, e lo trattenne per il bordo della tunica.
Siege si voltò, e restò un attimo interdetto prima di abbassare lo sguardo sul bambino, che sembrava un piccolo mendicante.

Perché non cerchi un anello anche tu?

Il bardo sorrise, passandogli le mani tra i ricci scuri che sovrastavano un viso graffiato e sporco, dallo sguardo più disilluso di quanto avrebbe dovuto essere.

Perché nel mondo c’è bisogno di un Siege

Ma non aveva ancora terminato di parlare che si accorse a malapena che il bambino, un piccolo furfante, aveva fatto scivolare qualcosa nella sua tasca, prima di voltarsi e scomparire nella folla: un fazzoletto con una G ricamata, e dentro trenta pezzi d’argento.